LA GEOMETRIA ROMANTICA DI LÉOPOLD HUGO |
Nicolas Witkowski . 2003
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1 giugno 1885: Parigi onora con funerali di stato il grande Victor Hugo.
Dall'Arco di Trionfo al Pantheon, una folla oceanica e muta segue la bara scortata da uno squadrone di cavalleria. II conte Léopold Hugo (1828-1895), nipote del poeta, ha preso posto tra i familiari. Porta a tracolla un enorme cesto di vimini di cui rifiuta ostinatamente di sbarazzarsi. Quando il corteo supera il ponte della Concorde, Léopold si fa largo tra la folla e sale i gradini dell'Assemblea nazionale. Un frenetico sbattere di ali si mescola al rumore degli zoccoli dei cavalli: Léopold ha liberate centocinquanta colombi! Migliaia di facce sbalordite si voltano a guardare il cielo. Quanti erano venuti a rendere omaggio a Victor assistono, senza saperlo, all'ultimo atto pubblico di Léopold, che di fatto, quasi la sua opera fosse indissolubilmente legata a quella dello zio, non produrrà più nulla sino alla morte. L'ex allievo di Horace Vernet, traduttore al Ministero dei Lavori pubblici (Dipartimento di statistica ferroviaria) smetterà di dipingere e di scolpire (Léopold ha esposto al Salon del 1877 un marmo intitolato Electryon, genio dell'elettricità terrestre, e il museo Victor Hugo di Place des Vosges conserva una cartella di suoi disegni) e non frequenterà più la Societa matematica di Francia, di cui e stato uno dei primi membri. Léopold era un matematico. Ha addirittura, all'insaputa di tutti, riformato la geometria.
Ci sono molti modi di far trionfare un'idea nuova. All'austera dimostrazione matematica Léopold preferisce l'incantamento epico e scatena una tempesta tanto violenta quanto inattesa nello spazio sereno dell’astrazione matematica:
Léopold sa bene che "attentare alla maestà della sfera non è cosa da poco", ma "scomunica" la sfera in quanto non filosofica:
Perché tanto odio? Perché la sfera non esiste. I corpi astronomici stessi sono degli "elidomoidi discoidali" e “lo stato perfetto nella natura è lo stato poligonale".
Gli accademici cominciano a preoccuparsi, il suo editore Gauthier-Villars anche.
La risposta, sotto forma di "inno egizio", è immediata e grandiosa:
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Il destino di quest'opera dimenticata, buona giusto a servire da intermezzo farsesco (in Jean-François électricien [Jean-Francois elettricista] il divulgatore Pierre Rousseau tratta Léopold da "mattacchione"), sarebbe stato segnato, se un matematico di vaglia, Maurice d'Ocagne (1862-1938), in un libro di "conversazioni" intitolato Hors des sentiers d'Euclidc (Fuori dai sentieri di Euclide - 1928) non gli avesse reso pieno omaggio. Dopo aver citato alcune tra Ie tante tirate leopoldine, questi esclama: "Se dopo tutto ciò non vi sentite colti da una misteriosa ammirazione per la dottrina equidomoidale [...], lasciatevi dire che l'entusiasmo non è il vostro forte!".
Pur apprezzando in tutto il suo valore lo stile del nipote (Léopold), tanto vicino a quello dello zio (Victor) - per quanto riguarda, almeno, i punti esclamativi ("Ogni sillaba era fatta di millegridi, e io sentivo: Saul! Omar! Ivan! Clotario!") - gli nega infine la gloria di aver creato "la scuola romantica della geometria". Chasles, sì; Poncelet, forse; Léopold, invece, resta "uno pseudomatematico romantico". Amen. Ma la tesi "hugodomoidale" era davvero delirante come sembra? Tl suo odio per la sfera e il suo amore per i poliedri fanno di Léopold qualcosa di più di un gentile rappresentante (a tre dimensioni) della razza prolifica dei quadratori del cerchio, particolarmente nutrita alla fine del secolo XIX, in pieno delirio positivistico.'[3] Léopold, don Chisciotte equidomoidale, affronta infatti il grave e difficile problema del continuo in matematica.
Nel 1913, a quasi vent'anni dalla morte di Léopold, il fisico (e premio Nobel) Jean Perrin si porrà la stessa domanda, a partire da considerazioni analoghe circa il moto, cosiddetto browniano, delle particelle di materia su scala microscopica. "Le curve molto regolari, per esempio quelle del cerchio, sono casi interessanti ma particolari [...]. La nozione di continuo risulta da una scelta alquanto arbitraria della nostra attenzione fra i dati dell'esperienza", scrive nella prefazione della sua opera Les atomes - prefazione celebre, perché contiene il famoso problema della lunghezza delle coste della Bretagna (misurata su una carta, tale lunghezza aumenta a mano a mano che aumenta la scala della carta e che appaiono nuovi dettagli [4]), che sarà ripreso qualche decennio dopo dai teorici dei "frattali". Queste curve irregolari avrebbero fatto la gioia di Léopold, per il quale "il feticismo della figura circolare rende la geometria guercia". Mancando con ogni evidenza delle basi matematiche che gli avrebbero permesso di fondare davvero una geometria nuova, Léopold ha nondimeno prodotto una "letteratura matematica" assai innovativa. II suo stile, fatto di ritmi spezzati, discontinuità, incessanti passaggi da una lingua all'altra, è perfettamente adeguato ai cristalloidi che descrive: la sua opera, inclassificabile sul piano scientifico ma inimitabile su quello estetico, si libra, strana bolla cristalloidale, nel cielo della matematica. |
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[1] . Leopold Hugo, La théorie des cristalloïdes élémentaires. Gauthier-Villars, Paris 1867.
[2] . Raymond Queneau (1963), "Un Hugo geometra”, tr. it. in Segni, cifre e lettere, Einaudi, Torino 1981. Nel 1907 il matematico Emile Fourrey dedicava un capitolo a Léopold nelle sue Curiosités géométriques: "Géometric hugomoïdale".
[3] . André Blavier, Les fous littéraires, Editions des Cendres, Paris 2000.
[4] . Benoît Mandelbrot, Oggetti frattali. tr. it. Einaudi, Torino 1987
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